The long, slow death of the Soviet Union
Lo ricordo bene, il 1991. Ero a Mosca, preparavo la mia tesi di laurea, confrontandomi ogni giorno con le mille difficoltà di un sistema ormai al collasso.
Rammento perfettamente quella mattina del 19 agosto, quando una fila di carri armati puntò direttamente al cuore della città, radio e televisione vennero oscurati trasmettendo soltanto balletti classici, la cui grazia ed armonia stridevano duramente con l’ansiosa incertezza che aleggiava sulla capitale come un manto sinistro. Per sapere ciò che stava accadendo potevo contare solo sui sempre più difficili contatti telefonici con l’Italia. Gorbacëv era prigioniero in Crimea, l’impero sovietico aveva iniziato a crollare.
Le immagini di questo articolo pubblicato su MailOnline mi sono familiari. Chi, come me, aveva sempre vissuto in occidente in tempo di pace non poteva neppure lontanamente immaginare cosa significasse la “caccia al tesoro” che si apriva ogniqualvolta si diffondeva notizia dell’arrivo di un carico di zucchero o carne, le ore di attesa in coda al freddo per la spesa, i negozi con scaffali semivuoti, il razionamento del cibo, dover fronteggiare le necessità quotidiane, anche le più basilari, ricorrendo a ingegnosi escamotage, l’esistenza delle komunal’ki, ovvero abitazioni in cui più famiglie vivevano condividendo le zone comuni, come mostrato in questo video dal regista italiano Francesco Crivaro:
Ciò nonostante conservo bellissimi ricordi di quegli anni, quando il mio russo inizialmente incerto diveniva giorno dopo giorno sempre più sicuro e naturale, consentendomi di scoprire l’immensa generosità di questo popolo meraviglioso e la favolosa bellezza di una cultura che mi avrebbe rubato il cuore per sempre.